Hashing Power, Proof of Work, Dump: Mix Pericoloso per Bitcoin?

Il mio socio Paolo Ciccioni ha postato nei commenti di questo video di Marco Cavicchioli

Metto qui una riflessione (molto complottista) che mi è venuta in mente visto la situazione attuale di hashing power e prezzo del bitcoin.

Se il prezzo del bitcoin cala, minare un bitcoin diviene sempre meno profittevole, quindi (visto che oramai minare è un business che deve produrre profitto) le aziende che minano dovranno per forza chiudere (cosa che di fatto sta già accadendo).

Il fatto è che l’hashing power potrebbe non diminuire in modo distribuito nel modo.

Ora il potenziale problema è che qualche stato (ipotizziamo la Cina) potrebbe sovvenzionare le aziende in perdita per far restare comunque aperte la mining farm e arrivare ad una situazione in cui quasi tutto l’hashing power è concentrato in poche farm geolocalizzate in un unico stato.

E’ vero che la difficoltà si adatta (diminuisce) in funzione della diminuzione dell’hashing power ma questo avviene ogni due settimane (mi sembra) e nel frattempo il solito Stato potrebbe di proposito aumentare la potenza delle proprie farm per non far diminuire troppo l’hashing power.

Il fine di tutto questo potrebbe essere quello di far morire il bitcoin e tutta la filosofia crypto-anarchica legata ad esso.

Come la vedete?

 

Riflessione che trovo interessante e per niente complottista, questo perchè allo stato attuale potrebbe essere uno scenario possibile.

I capitali che possono in qualche modo supportare aziende in perdita, possono non solo provenire da Stati Sovrani – con un sistema di potere centralizzato -, ma anche da aziende private e/o organizzazioni fuorilegge.

La logica del consenso basato sul p2p (il PC casalingo, o poco più, che era alla base del consenso all’inizio di questa avventura) con il passare del tempo ha lasciato spazio all’industria del mining che ha contribuito alla costruzione dell’attuale ecosistema, formato da aziende miliardarie, vedi Bitmain, che dovrebbero aderire alle leggi di mercato, alla cui base c’è la elementare equazione che i costi non possono superare i ricavi o, per essere più precisi, lo possono fare fino a quando le riserve non sono state consumate e comunque in una situazione nella quale eventuali investitori credono nel progetto sostenuti dalle prospettive potenziali di mercato.

Ma essendo il prezzo della cryptovaluta un elemento fondamentale alla base della sostenibilità del business dell’industria del mining, il protrarsi di una situazione di mercato che non presenta profittabilità a medio termine, potrebbe porre le condizioni di una centralizzazione controllata del mining?

A mio parere la risposta è affermativa!