Capitalismo o Anticapitalismo: solo calmandosi si può capire chi ha ragione

Nell’ Episodio 138 del podcast Il Truffone di Francesco Carbone è interessante la risposta di Bernardo Ferrero – il protagonista di questo episodio – alla contestazione che uno studente – dichiaratamente anticapitalista – ha fatto ad una presentazione di Simone da Re in una scuola pubblica su “Bitcoin sul terreno culturale da cui è nato”.

Alcuni passaggi letti da Francesco Carbone della contestazione:

“Provo profonda amarezza nel sentire ragionamenti di economia che portano il capitalismo all’estrema potenza fino all’anarchia, quel capitalismo che ha portato l’ingiustizia nel mondo, la sofferenza tra i poveri e l’ozio tra i ricchi. […]
Quel capitalismo che calpesta i diritti umani, quel capitalismo che anche nei paesi più ricchi distrugge le piccole realtà imprenditoriali che sono il fattore centrale di un tessuto economico di un luogo per accentrare e massimizzare i guadagni nelle mani di pochi. […]
Quel capitalismo che non ha etica, non ha morale , non ha buon senso se non quello dei soldi.”

Francesco Carbone invita l’ospite a dare un consiglio al suo quasi coetaneo. La risposta di Bernardo Ferrero è articolata e brillante, soprattutto nella parte finale dove dispensa un consiglio utile a tutti noi:

Leggendo quelle parole di questo giovane mi sono venuti in mente due libri essenziali, il primo è di Mises “La Mentalità Anticapitalistica” del 1956, attualissimo infatti lui spiegava come tra le masse si era diffuso un sentimento profondamente anticapitalistico dovuto in parte all’invidia e anche all’ignoranza del processo economico, ma soprattutto mi è venuto in mente un libro scritto ancor prima è “La Ribellione delle Masse” di José Ortega y Gasset scritto negli anni 20 del secolo scorso, dove egli cerca di descrivere l’uomo di massa di quel tempo che secondo me assomiglia moltissimo proprio a questo giovane che vive oggigiorno.

Ortega y Gasset diceva che sostanzialmente la ricchezza prodotta nel mondo nell’Ottocento aveva fatto sì che le persone nel Novecento nascessero in un mondo talmente perfetto e talmente produttivo e complesso, che non potendone capire profondamente i meccanismi avrebbero dato questo mondo per scontato, cioè l’avrebbero preso un pò come l’aria e in un punto descrive il seguente evento “Nelle sommosse che la carestia provoca le masse popolari cercano di procurarsi il pane, e il mezzo a cui ricorrono suole essere quello di distruggere i panifici“.
Bene, questo passaggio di Ortega y Gasset riflette molto in questa mentalità che tutt’ora è prevalente.

Cosa gli direi a questo studente? Innanzitutto che il capitalismo si basa essenzialmente sulla proprietà privata e la libertà di scambio.

Queste sono le due istituzione sostanzialmente capitalistiche, che poi danno luogo alla specializzazione, all’accumulo di capitale e via dicendo.
E nel capitalismo – questa è una domanda che si faceva anche Mises – chi è veramente sovrano? E’ il grande imprenditore? E’ il ricco? E’ il lavoratore? Chi è il vero Sovrano?
E Mises per dare risposta a questa domanda usava l’analogia del Timoniere e del Capitano.
Immaginiamo che il capitalismo sia una barca, ebbene il Timoniere chi é? E’ l’Imprenditore, che è colui che effettivamente attraverso il risparmio suo o di altri crea l’attività economica, vale a dire investe risorse le trasforma e produce un bene di consumo.
Però lui essenzialmente è solo un timoniere, perchè alla fine sarà il Consumatore, comprando o smettendo di comprare un prodotto, piuttosto che un altro a determinare il suo successo economico, vale a dire il consumatore è colui che in un certo senso guida l’imprenditore a produrre in maniera più efficiente e economica. Ma è essenziale capire che è il consumatore colui che è il Sovrano.
E chi è il Consumatore? Il consumatore siamo tutti noi, sono le masse.
Difatti Mises definiva il capitalismo come “la produzione di massa per la massa”.

Quindi pensare che siano i grandi imprenditori coloro che nel capitalismo governano o dominano è sbagliato. Ma non solo questo. Più si fa piccolo il mercato e più si fa grande lo stato, quindi più interventismo c’è, più i grandi imprenditori si avvantaggiano proprio a discapito dei piccoli imprenditori. Questa è una grande lezione che poi si può anche incontrare non solo nella Scuola Austriaca, ma anche nella scuola della Public Choice di Buchanan etc e l’idea è che i grandi imprenditori e le grandi imprese che hanno più posti di lavoro da far vedere, hanno chiaramente una capacità di negoziare con il burocrate di turno, molto maggiore rispetto ad un piccolo o minuscolo imprenditore, addirittura anche nei confronti di chi ancora non ha iniziato la propria impresa ma che vorrebbe entrare nel mercato, ed è chiaramente lui la persona che ci perde di più dal coinvolgimento dello stato nell’economia.

Quindi chi trae beneficio dal capitalismo? Sostanzialmente la grande massa, e come diceva Walter Williams “prima del capitalismo il modo con cui le persone accumulavano grandi ricchezze era il saccheggio o la spoliazione o la riduzione in schiavitù del prossimo, e il capitalismo invece ha reso possibile diventare ricchi non saccheggiando il prossimo, ma servendolo.”

Io gli consiglierei innanzitutto di calmarsi, intendo con questo di calmarsi dal punto di vista interiore quasi spirituale, perchè solo calmandosi uno riesce a studiare i veri processi economici, solo calmandosi uno può essere obbiettivo e razionale e non chiudere gli occhi davanti all’evidenza

I canali digitali che ho seguito con maggiore interesse nel 2018

2019-elenco-canali-più-visti

Nella mia più totale incostanza sia in termini di frequenza che di contenuti che ha sempre caratterizzato questo blog, avevo comunque un rito che consisteva nel pubblicare, agli inizi del nuovo anno, l’elenco dei blog che avevo seguito più assiduamente (questo è l’ultimo post del gennaio 2016).

Nel frattempo ho cambiato abitudini ed ormai da circa un paio di anni la lettura dei blog si è ridotta ed è stata affiancata dai canali YouTube e dai Podcast.

Questo non significa che non leggo più blog, ma utilizzando Feedly, mi serve soprattutto per raccogliere informazioni su argomenti – principalmente professionali – che più mi interessano.

L’aspetto ludico (insieme a quello informativo/formativo) è costituito YouTube, mentre i Podcast gli uso prevalentemente per la parte formativa e non per quella ludica, almeno per il momento.

In termini di tempo dedicato,  i Podcast vincono a mani basse, al loro ascolto dedico non meno di un’ora al giorno sfruttando tutti i tempi morti, principalmente legati agli spostamenti.

Ecco la lista:

Blog:

Alberto De Luigi 
CCN
CryptoSlate 
Francesco Simoncelli’s Freedonia
Funnyking Paolo Rebuffo
IL GRANDE BLUFF
Movimento Libertario
The Cryptonomist

 

Canali YouTube:

Blockchain Caffè
CaseyNeistat
Cointelegraph
Filippo Angeloni
Ivan on Tech
Koinsquare
Luigi Tecnologo
Luis
Marcello Ascani
Marco Cavicchioli
Marco Montemagno
Mir
Nicolò Balini
Stefano Bassi
The Crypto Gateway
yotobi
Zaragast In the cryptoverse

Podcast:

6 Minute English
Epicenter – Weekly Podcast on Blockchain
Fintech 24
Il falco e il gabbiano
Il Mordente
Il Truffone
Mettiamoci la Voce!
Passione Podcast
Strategia Digitale
Talent Bay – Storie di Talenti: Lifestyle 

 

 

Monetha: Perchè ho venduto tutti i miei #MTH incassando una perdita, ma anche molta esperienza!

Fino ad oggi ho partecipato a tre ICO.

La scorsa primavera, quindi eoni fa per il mondo delle cryptovalute, Gnosis e BitCrystal che sono andate bene.

Monetha , fra fine agosto e inizi settembre 2017, è stata la terza.

Ed è stata una ICO sfortunata.

Premetto che il mio intento – fino ad oggi – è puramente speculativo, quindi si è trattato di acquistare token per poi rivenderli sul primo exchange di un certo rilievo che li rendesse disponibili al trading, con l’obbiettivo di portare a casa almeno un x2 del capitale investito.

In tutti e tre i casi ho seguito le indicazioni di una community alla quale sono iscritto, fidandomi del loro giudizio relativamente alla bontà del progetto, ma senza approfondire oltremodo i dettagli dei vari progetti in considerazione del fatto, appunto,  che l’intenzione di fondo non è quella di holdare ma di speculare a breve termine. Preciso che questa community per la quale nutro ancora fiducia,  non poteva prevedere la successione di eventi infausti, uno fra i quali il blocco del listing da parte degli exchange più importanti dei token delle nuove ICO, proprio nel periodo dell’ingresso sul mercato di Monetha.

Quindi mi sono trovato, mio malgrado, a dover holdare i token MTH oltre ogni mia aspettativa temporale.

In questo lasso di tempo ho iniziato a riflettere su come le ICO stanno cambiando.

Fino a quel momento sono state finanziati progetti sulla parola, con prodotti/servizi completamente da realizzare. E parlo di progetti seri, escludendo tutte le truffe che si sono inserite approfittando della totale mancanza di regole e quindi di controllo (cosa per altro positiva).

Un modo completamente nuovo di accedere al credito, che ha smosso e scosso il modo di fare impresa, non ancora a livello mainstream, ma portando comunque una ventata di aria fresca.

Sono ben contento di partecipare a questa modalità di finanziamento dove le aziende che fanno la ICO ne beneficiano ottenendo fondi in breve tempo necessari a realizzare il loro progetto, ma è altresì necessario, per investitori come me,  avere da subito la possibilità di accedere al trading dei token per ottenere in modo altrettanto rapido una presa di beneficio.

Senza questa possibilità si diventa investitori tradizionali – quelli delle IPO tanto per intenderci -, ma in quel caso si ha a che fare con realtà che un prodotto/servizio lo hanno già, magari non consolidato, ma esistente.

Per le ICO come fino ad oggi le conosciamo la situazione è diversa.
Quindi per entrare in una ICO ci devono esserci opportunità per entrambi, le società che propongono il progetto e chi in quel progetto investe, anche se per la sola fase iniziale.

Dopo queste riflessioni stanotte ho preso la decisione vendere su Binance tutti gli MTH ottenendo una perdita secca del 32,5%.

In oltre un anno di attività sulle crypto è stata la perdita maggiore anche perchè è stato anche l’investimento maggiore che ho fatto.

Ho comunque incassato un bel pò di esperienza, fra le quali la decisione di NON partecipare ad altre ICO (escluso Ethfinex quando ci sarà) fino a quando il quadro generale in questo ambito non sarà maggiormente chiaro.

 

L’importanza delle memorie traduttive nel processo di internazionalizzazione

Capita spesso che le aziende che vorrebbero internazionalizzarsi ed espandere le proprie attività “oltre confine”, tendano a vedere nella localizzazione del proprio sito Web – e delle attività ad esso collegate – un ostacolo pressoché insormontabile. E questo non tanto per le difficoltà insite nella gestione della traduzione dei contenuti e nell’investimento netto che questa richiede. Ciò che pare spaventare le aziende è, piuttosto, il costante lavoro di “manutenzione” che i contenuti localizzati richiedono nel tempo.

L’attività aziendale, per sua natura, è dinamica e soggetta a continui cambiamenti, che si riflettono inevitabilmente sugli strumenti con i quali l’imprenditore comunica e si interfaccia con la propria clientela. Tanto per esemplificare, il catalogo prodotti di un sito di e-commerce è destinato a cambiare nel tempo, man mano che nuovi prodotti entreranno a farne parte ed altri ne usciranno. Taluni articoli vedranno invece mutare le proprie caratteristiche, e, con esse, le proprie descrizioni.

 

Man mano che i contenuti originali variano, debbono essere ri-localizzati, dando così vita ad un processo manutentivo con il quale si mira garantire la completezza, la coerenza e l’uniformità dell’intero sito nel tempo. Non desta dunque particolare meraviglia che, di primo acchito, il compito possa apparire improbo e particolarmente costoso agli occhi delle aziende che stanno pensando ad un debutto internazionale sul web.

In realtà, esistono degli strumenti che, nelle mani di chi li sa usare, possono semplificare enormemente questo processo. Tra questi spiccano le cosiddette “memorie di traduzione” (o memorie traduttive), uno strumento alquanto caro ai traduttori professionisti, che lo utilizzano da tempo all’interno dei software di traduzione CAT (Computer Assisted Translation).

 

La memoria di traduzione è, di fatto, una raccolta dinamica di espressioni (come frasi e collocazioni) che si ripetono, identiche, più volte all’interno di un documento. Man mano che il traduttore localizza le diverse espressioni incontrate all’interno del testo, la memoria di traduzione le archivia in tempo reale, pronta a riutilizzarle automaticamente laddove esse riapparissero altrove all’interno del medesimo testo. In questo modo, il traduttore non solo può velocizzare il proprio lavoro, ma ha la sicurezza che ogni espressione risulterà tradotta in modo univoco e omogeneo, conferendo ai contenuti un tenore lessicale coerente e, di conseguenza, un registro professionale.

Una volta creata, la memoria di traduzione diventa parte del patrimonio aziendale: potrà infatti essere riutilizzata ogni qual volta si renda necessario procedere ad un aggiornamento della localizzazione, in conseguenza, magari, dell’introduzione di nuovi prodotti in catalogo.

È abbastanza evidente che le memorie di traduzione si prestano soprattutto alla localizzazione di contenuti standardizzati, tecnici e modulari, ovvero di quei contenuti particolarmente proni alla ripetizione di questa o quella espressione, privi di picchi creativi o “letterari”. È dunque quanto di meglio si possa chiedere per la traduzioni di manuali tecnici, contenuti descrittivi, schede prodotto di un e-commerce, siti istituzionali, siti vetrina, ovvero, per… “tutto quanto fa azienda”. Proprio questo approccio adottano grandi e-commerce internazionali come Zalando, MyTheresa e Yoox.

Ma la parte migliore deve ancora venire. Rivolgendosi ad un’agenzia specializzata di traduzione online che lavori professionalmente con le memorie di traduzione – come per esempio TextMaster, che è in grado di gestirle pressoché in ogni formato esistente – è possibile riuscire a spuntare tariffe delle traduzioni davvero interessanti.

 

Le agenzie, infatti, molto spesso trasferiscono al cliente i vantaggi economici derivanti dall’adozione delle memorie traduttive. Le ripetizioni delle espressioni che entrano a far parte della memoria di traduzione vengono sottratte dal conteggio totale delle parole per la cui localizzazione il cliente paga. Non si tratta di un dettaglio da poco: nel caso di traduzioni tecniche, descrittive o, più genericamente, modulari, l’effetto sul budget richiesto per il lavoro può essere drastico, al punto da rendere il servizio davvero alla portata di chiunque.

Peraltro, non bisogna dimenticare che, a lavoro ultimato, la memoria di traduzione resta comunque al cliente, che può continuare a disporne in proprio, anche ove volesse occuparsi autonomamente della localizzazione del proprio sito aziendale o intendesse affidarla ad un nuovo fornitore di servizi di traduzione.

Ho letto “Rischi e Opportunità del WEB 3.0” di Rudy Bandiera

Non conosco Rudy Bandiera, al massimo faccio parte dei suoi legami deboli 🙂 , ma sono in vacanza e con un tweet gli ho promesso che avrei letto il suo libro, e l’ho fatto, ci ho messo un paio di giorni, fra una granita e qualche bagno.

Negli ultimi anni ho preso l’abitudine, quando affronto qualcosa di nuovo, come una lettura, di sospendere ogni giudizio, di qualsiasi natura, per evitare di farmi condizionare da convinzioni spesso errate.

Sinceramente devo ammettere, che per uno come me, che è da sempre appassionato di tecnologia, e di mondi futuri e futuribili, questo libro è stato una piacevole scoperta, perché in primo luogo grazie ad una parte iniziale che mette ordine nel mare magnum di aziende e piattaforme che rappresentano il nostro presente, introduce al concetto di Web 3.0, in modo graduale ed estremamente chiaro.

Gli esempi delle applicazioni di tecnologie e/o strumenti come i Google Glass, ti fanno fare un salto in un mondo che è dietro alle porte ed è pieno di opportunità incredibili.

Interessante come Rudy affronta l’argomento “Economia della Reputazione” come probabile moneta di scambio, e pienamente condivisibile il paragrafo su “La Consapevolezza” sulla nostra proprietà dei dati che postiamo, spesso, con troppa sufficienza sui social media.

Voglio concludere queste due righe, che non hanno nessuna pretesa di essere una recensione, ma solo note appena sveglio e prima di iniziare una giornata di vacanza, ricordandomi che molti anni fa (giugno 1996) , durante un’altra vacanza a casa di amici a Capitana, fra Cagliari e Villasimius, stavo leggendo un altro libro che a suo tempo mi emozionò in modo simile a questo di Rudy Bandiera e che parlava anche quello di un mondo del futuro dove invece di precipitarsi a casa per vedere un film a quell’ora, potevi selezionarlo on line e vederlo quando lo desideravi.

Sembrava fantascienza.

Quel libro era “Essere Digitali” di Nicholas Negroponte.

Grazie Rudy 🙂

 

rudy